INPS condannata a restituire oltre 10.000 euro: trattenute illegittime su pensione di reversibilità
Caso curato dallo Studio Legale Gallenca
Alessandria, 26 giugno 2025 – Una nuova sentenza del Tribunale del Lavoro di Alessandria segna un punto fermo nei rapporti tra cittadini e pubblica amministrazione in materia previdenziale. L'INPS è stata condannata a restituire 10.195,75 euro a una beneficiaria di pensione di reversibilità, per aver effettuato trattenute ritenute indebite e in contrasto con la normativa vigente.
Il caso prende le mosse da una storia che inizia nel 2007, quando, a seguito del decesso del coniuge, la pensionata aveva richiesto e ottenuto la pensione di reversibilità, includendo nella domanda anche il riconoscimento degli assegni per il nucleo familiare (ANF) per sé e per i figli minori. La prestazione veniva quindi regolarmente liquidata dall'INPS.
Nel frattempo, però, la donna era stata assunta come lavoratrice subordinata, percependo i medesimi assegni familiari anche tramite il datore di lavoro, come previsto dalla normativa. L'INPS, solo successivamente, attraverso un incrocio dei dati con l'Agenzia delle Entrate, ha riscontrato la doppia corresponsione degli ANF e ha ricalcolato la pensione, notificando un presunto indebito per oltre 10.000 euro e avviando trattenute mensili direttamente sull'assegno pensionistico.
La pensionata, assistita dallo Studio Legale Gallenca, ha contestato la legittimità dell'operato dell'Istituto sotto diversi profili. In particolare, ha denunciato la violazione dei limiti di pignorabilità previsti dall'art. 545 del Codice di Procedura Civile e il mancato rispetto delle regole di procedura nella comunicazione dell'indebito. Le somme trattenute, secondo quanto rilevato nel ricorso, sarebbero state superiori al limite consentito, con l'applicazione di due trattenute contemporanee e senza adeguato preavviso.
Oltre all'aspetto formale, la difesa ha sottolineato l'assenza di dolo da parte della beneficiaria, che aveva sempre dichiarato i redditi richiesti e presentato la documentazione in modo trasparente. Infatti, secondo la giurisprudenza consolidata in materia assistenziale, in assenza di dolo, l'affidamento del cittadino nelle prestazioni percepite in buona fede va tutelato, soprattutto quando si tratta di prestazioni a carattere assistenziale come gli ANF.Il Tribunale ha rigettato la tesi dell'INPS secondo cui il recupero sarebbe stato legittimo a prescindere dalla condotta dell'assistita.
Al contrario, nella motivazione, il giudice ha richiamato ampia giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale che limita la ripetibilità delle somme indebitamente erogate nel settore assistenziale, a meno che non sia dimostrato un comportamento fraudolento del percettore.
Nel caso in esame, l'Istituto aveva effettivamente riconosciuto l'erroneità del secondo recupero notificato nel 2021, relativo a un presunto ulteriore indebito di circa 2.100 euro, che in realtà era già compreso nel conteggio originario e dunque non avrebbe dovuto essere preteso nuovamente. L'INPS ha anche ammesso, nella propria memoria difensiva, di aver trattenuto una somma superiore al dovuto e si è dichiarata disponibile alla restituzione di quanto in eccesso.
Il giudice ha stabilito che la ripetizione delle somme indebitamente erogate poteva avere luogo solo a partire dalla data del formale accertamento dell'indebito da parte dell'ente, avvenuto nel 2014.
Di conseguenza, tutte le trattenute precedenti a tale data sono state ritenute illegittime e l'INPS è stata condannata a rimborsare la somma complessiva di 10.195,75 euro, di cui 3.915,03 per somme trattenute in eccesso.La pronuncia del Tribunale di Alessandria rappresenta un precedente rilevante per migliaia di pensionati che potrebbero trovarsi nella stessa situazione. Il messaggio che arriva dalla giurisprudenza è chiaro: l'INPS non può procedere a recuperi automatici senza una verifica approfondita e soprattutto non può ignorare il principio di buona fede del cittadino.
La vicenda accende i riflettori su una prassi – quella del recupero massivo degli indebiti – che spesso trascura le garanzie minime dei beneficiari, soprattutto quando si tratta di prestazioni a carattere sociale, come gli assegni familiari su pensione di reversibilità.